La Motta: una lunga storia d’accoglienza e d’amore

Il direttore Riccardo Lüthi e il municipale Giovanni Chiappini parlano dell’Istituto socioterapeutico, della sua evoluzione negli anni, del suo rapporto con la comunità di Brissago, e del suo futuro, legato anche alle donazioni

L’Istituto socioterapeutico La Motta fa parte da decenni della realtà di Brissago. Oggi vogliamo raccontare la sua storia e il suo ruolo all’interno della comunità. La fondazione risale al 1938, grazie alla dottoressa Ita Wegman, stretta collaboratrice di Rudolf Steiner, padre dell’antroposofia e, insieme alla stessa dottoressa Wegman, della medicina antroposofica. Originariamente l’Istituto nacque come casa di cura per bambini, molti dei quali provenienti dall’Istituto Sonnenhof di Arlesheim, per fuggire dal nazionalsocialismo e salvarsi dall’eutanasia. Si trattava in particolare di bambini ebrei con handicap. Durante la Seconda Guerra Mondiale La Motta collaborò attivamente con la Croce Rossa Svizzera, producendo ricostituenti distribuiti alle persone bisognose.

Negli anni ha accolto persone da tutto il mondo, divenendo un punto di riferimento nella cura e nell’assistenza. Oggi La Motta è inserita nella pianificazione cantonale degli istituti LISPI e riconosciuta come Casa con occupazione e accresciuto fabbisogno educativo.

“All’inizio l’ambiente era molto familiare – spiega il direttore, Riccardo Lüthi -: i collaboratori vivevano all’interno dell’Istituto, coltivavano i campi con metodi biologici e biodinamici e offrivano cure in un contesto che valorizzava natura, clima e cultura. Dagli anni ’80-’90 La Motta ha iniziato a diventare bilingue, con un progressivo aumento di utenti del Canton Ticino. Nel 2014 si è trasformata in fondazione per rispondere alle esigenze organizzative moderne e ha affrontato una ristrutturazione completa degli stabili tra il 2000 e il 2012, grazie a contributi pubblici e privati. Oggi La Motta porta avanti con orgoglio l’eredità della dottoressa Wegman, mantenendo viva una visione centrata sulla dignità umana, sulla cura individuale e sulla comunità, con un approccio socioterapeutico che si è affinato giorno dopo giorno”.

Il rapporto con la comunità di Brissago

Giovanni Chiappini, responsabile del Dicastero socialità nel Municipio di Brissago, conosce bene la realtà de La Motta – ma anche della Clinica Hildebrand e della Casa San Giorgio – avendovi lavorato anni fa in qualità di architetto. “Per questo motivo – afferma – ho una sensibilità accresciuta sul ruolo che gli istituti che operano a Brissago in ambito socio-sanitario svolgono per la nostra realtà. Per noi è un orgoglio ospitare una così importante rete di cura e di assistenza che è parte integrante della storia del nostro Paese”.

La Motta ha sempre avuto un respiro nazionale (in passato anche internazionale) e dagli anni ’80 progressivamente anche cantonale, aggiunge il direttor Lüthi. “Nel tempo ha costruito un forte legame con la comunità locale. Il coinvolgimento avviene attraverso eventi culturali, mercatini, collaborazioni con enti e la vendita dei prodotti degli atelier. Inoltre, il rapporto con Brissago si nutre anche di incontri spontanei con la cittadinanza, nel nostro negozio “Spazio Colore”, per le vie e nei ritrovi del paese. Il clima, la natura e il tessuto sociale del territorio sono parte integrante del nostro approccio di cura”.

E a tale proposito, Chiappini formula un auspicio: “Mi auguro che la comunità di Brissago continui ad accogliere gli utenti con la sensibilità di sempre, e che chi ancora non conosce queste realtà - penso a La Motta ma pure agli altri istituti - vada a scoprirle e decida magari di sostenerle con un gesto concreto”.

Gli fa eco Lüthi: “Ci piace pensare che la popolazione di Brissago ci conosca, ci apprezzi e ci voglia bene. Sentiamo spesso, nei piccoli gesti quotidiani, negli incontri per strada, nei saluti e nelle parole di incoraggiamento, quanto la comunità ci sia vicina e segua con affetto il nostro percorso. Ci piace credere che le persone siano consapevoli che reperire le risorse necessarie per garantire una vita dignitosa ai nostri utenti non sia scontato e che, proprio per questo, sapranno cogliere le occasioni per dare visibilità a La Motta, favorirne la conoscenza e, magari, trasformare questa vicinanza in gesti spontanei di sostegno e filantropia”.

Come si finanzia La Motta

La Motta è sostenuta da contributi pubblici, attraverso un mandato e un contratto di prestazione con il Canton Ticino e altri Cantoni svizzeri. Il finanziamento include anche l’incasso della retta giornaliera (coperta dall’AI) di ogni utente. Tuttavia, poiché i sussidi pubblici non coprono tutte le spese di gestione, è la Fondazione, attraverso il proprio capitale e grazie al sostegno di privati cittadini e donatori, a garantire la stabilità economica dell’Istituto.

La Fondazione ha il compito di assicurare stabilità e continuità, raccogliere fondi e mantenere viva la missione sociale e terapeutica dell’Istituto.

Attualmente La Motta accoglie 11 utenti diurni e 45 residenti, di cui 18 provenienti dalla Svizzera tedesca e 27 dal Ticino, spiega il direttore. I residenti vivono suddivisi in 7 unità abitative che rispecchiano un contesto familiare.

Le attività quotidiane si articolano in tre aree principali

  • Atelier occupazionali: carta, candele, legno, panetteria, tessitura, ferro e pietra, preparazione di spezie, tè e marmellate, giardinaggio, spaccalegna, attività di consegna, ecc. Questi atelier rafforzano il senso di appartenenza, la crescita personale e la valorizzazione sociale, anche grazie alla vendita dei prodotti nei mercatini.
  • Terapie: Per quanto attiene le terapie antroposofiche: euritmia curativa, musicoterapia, bagno in dispersione oleosa, massaggio ritmico. Queste terapie vengono prescritte dal medico antroposofico per stimolare le forze vitali, armonizzare l’equilibrio emotivo e promuovere l’identità. Per le terapie classiche: fisioterapia, ergoterapia, logopedia, ippoterapia e ortho-bionomy.
  • Attività culturali e ricreative: canto, movimento, feste comunitarie, discoteca, passeggiate, piscina, giochi, campi vacanze, ecc.

“Promuoviamo l’autonomia – spiega il direttore - attraverso un accompagnamento mirato che aiuta ciascun utente a esprimere le proprie potenzialità. È un equilibrio quotidiano tra sostegno e libertà, cercando sempre di stimolare l’autodeterminazione senza perdere di vista la sicurezza e il benessere”.

La filosofia e sfide future

Negli anni, spiega il direttore, “La Motta è passata da casa di cura per bambini a luogo capace di accompagnare le persone nella vita adulta, sviluppando atelier occupazionali e attività comunitarie. La sfida è offrire percorsi di vita significativi e personalizzati, valorizzando competenze e desiderio di espressione in un contesto sociale. La nostra utenza è composta soprattutto da persone con disabilità cognitiva congenita, molte delle quali richiedono un accompagnamento intensivo. Il nostro approccio è profondamente relazionale: riconosciamo e valorizziamo le risorse individuali, adattando ogni intervento ai bisogni specifici. La grande sfida è mantenere l’equilibrio tra esigenze individuali e comunitarie, tra libertà e protezione, tra autodeterminazione e accompagnamento. Tutto questo avviene in un contesto di precarietà finanziaria, che rende ancora più prezioso il nostro impegno nel mantenere viva la socioterapia”.