Giuseppe Berta: “I miei 34 anni alla San Giorgio”. Fabio Branchini: “La sfida di una nuova Casa”
Quando assunse la direzione – era il 1° aprile del 1989 – Giuseppe Berta aveva 29 anni, un’esperienza formativa all’UBS, e un mestiere da imparare da zero. Dirigere una casa per anziani non è uno scherzo. Bisogna lavorare su più livelli: gestione del personale, relazioni con ospiti e famigliari, procedure burocratiche, amministrazione finanziaria. E poi ci sono i rapporti con il Cantone, con il Comune e, come nel caso dell’istituto San Giorgio di Brissago, con la Fondazione. Berta si è armato di santa pazienza, ha ottenuto un master in economia socio sanitaria, e ha affrontato le sfide che, anno dopo anno, si ponevano.
Quando iniziò i posti letto erano 43, contri i 56 di oggi, erano ancora le suore a occuparsi della direzione e delle cure. Non c’erano i computer e la contabilità si faceva manualmente. A fine febbraio, dopo 34 anni, Giuseppe Berta andrà in pensione, ma rimarrà a disposizione del nuovo direttore per garantire il passaggio di consegne.
“In passato non esisteva la formula del lavoro part time – spiega – mentre oggi molte giovani chiedono di lavorare al 70 o all’80 per cento. A Brissago siamo stati fortunati, perché abbiamo avuto un turn over modesto. Però, siccome la maggior parte del personale è composto da donne, occorre anche gestire le sostituzioni durante i periodi di maternità. Abbiamo chiesto più volte al Cantone di aumentare il personale ma ormai i criteri sono quelli e valgono per tutti. È una realtà che riguarda tutte le case. Di notte abbiamo un’infermiera e un’assistente di cura per tutta la casa, capirete che una semplice emergenza può diventare un problema”.
Certo, prosegue Giuseppe Berta, “ negli ultimi 15 anni il numero delle collaboratrici è aumentato, ma è aumentato di pari passo il carico amministrativo e burocratico, anche per chi si occupa delle cure. Per questo siamo sempre un po’ in emergenza. E non dimentichiamo che si tratta di un lavoro pesante, soprattutto per chi ha una certa età”.
Branchini: “Una nuova Casa, la sfida dei prossimi anni”
Il vicesindaco Fabio Branchini, responsabile del Dicastero socialità, conosce bene i problemi della San Giorgio, perché negli anni scorsi vi ha lavorato come economo, e oggi rappresenta il Comune nel Consiglio di fondazione. “L’insufficienza di personale è cronica – afferma -. È un problema che non dipende dal Comune, che nella gestione ha un semplice ruolo di ‘accompagnamento’ e di pianificazione, ma dai parametri fissati a livello cantonale. E si fatica a trovare personale, perché per lavorare con gli anziani devi essere portato, secondo me più che un mestiere è una vocazione”.
Dicevamo che i posti letto sono passati dai 43 del 1989 ai 56 di oggi. Un aumento ottenuto grazie a una nuova ala realizzata nel 2000. Ma la popolazione invecchia e in prospettiva occorrerà trovare spazio per almeno 80 ospiti. La Casa San Giorgio sorge in una posizione magnifica, a mezza collina, affacciata sul lago. Ma non ha più margini di ampliamento.
“È una struttura che sta arrivando al capolinea – spiega Branchini -. Si trova in una bellissima zona, ma relativamente lontana dal paese e molto scomoda per gli anziani autosufficienti. Inoltre, abbiamo molte camere doppie e pochissime singole, e sappiamo che oggi gli anziani chiedono di avere spazi individuali. Non ci sono dubbi: la casa va rifatta da zero, su un nuovo terreno, con criteri moderni e con un progetto su più piani. Sarà la sfida dei prossimi anni. Per questo abbiamo intavolato una trattativa con la Hildebrand, per realizzare un nuovo istituto annesso alla clinica. Una casa anziani comunicante con una clinica di riabilitazione sarebbe probabilmente stata una prima svizzera. Eravamo a un passo dall’accordo, ma alla fine i vertici della Hildebrand hanno rinunciato, perché avendo un progetto di ristrutturazione ritenevano impossibile gestire due cantieri in contemporanea. E li capisco. Ma stiamo ancora discutendo con loro per individuare un terreno nella zona della clinica che potremmo utilizzare”.
La gestione della pandemia
Facciamo un passo indietro. Il problema più critico, negli ultimi due anni, è stato, per gli istituti per anziani, quello della pandemia. “Senza dubbio – dice Berta -. È stato pesante per il personale e per gli ospiti. Paradossalmente, forse più per i parenti che per gli anziani. A Brissago siamo stati relativamente fortunati, perché nella prima ondata non abbiamo avuto contagi, né tra i residenti né tra i collaboratori, a parte un paio di casi. Ma nella seconda, nel novembre del 2020, il Covid è entrato anche alla San Giorgio, e abbiamo avuto otto decessi, che per tutti noi sono stati drammatici. Da parte dei famigliari c’è però stata molta comprensione, perché abbiamo sempre applicato in modo rigoroso le regole. È stato per tutti un periodo terribile, con limitazioni, paura, smarrimento, e alcuni anziani che non capivano nemmeno cosa stava succedendo. Per cercare di garantire i rapporti con le famiglie abbiamo organizzato delle video chiamate e per molti ospiti è stata una novità assoluta”.
Ma negli ultimi anni ci sono anche stati episodi che Giuseppe Berta ricorda con commozione: “In particolare, i festeggiamenti per i centenari e le centenarie. Abbiamo avuto diversi ospiti che hanno superato questo traguardo”.
Due note personali
In chiusura, due note personali sul direttore della Casa San Giorgio, iniziando dall’incidente che lo ha costretto sulla sedia a rotelle: “È accaduto nel 1990. Tornavo verso Brissago in moto e un’automobilista mi ha investito invadendo la mia corsia dopo aver sorpassato una bicicletta. Ma, tutto sommato, nella disgrazia sono stato fortunato, intanto perché sono sopravvissuto e poi perché ho continuato a fare tutto quello che facevo prima – o quasi – a coltivare la mie passioni, la caccia e la montagna: per una ventina d’anni ho curato la parte amministrativa del Rifugio al Legn, che ho collaborato a far nascere insieme a Maurizio Pozzorini e Marco Pagani”.